Diego Cajelli nasce a Milano il 31 Luglio 1971.
Ottenuto il diploma di perito elettronico, frequenta il corso di sceneggiatura del Fumetto di Milano dove, nel 1995, viene assunto come docente.
Alterna brillantemente la carriera di insegnate e quella di sceneggiatore, ma nel suo curriculum artistico si possono inserire anche la carriera di attore comico( dal 1998 al 2003 fa parte del cast di Zelig in coppia con Alessio Tagliento) ed anche conduttore radiofonico (conduceva su Radio Popolare il programma notturno Strane Storie).
E’ però proprio la strada del fumetto quella che, nel 2008, gli dà maggiori soddisfazioni riconoscendogli il premio “Gran Giunigi” come Miglior sceneggiatore nel corso di Lucca Comics.
Comincia la sua carriera gestendo Virtual Heroes, pubblicazione da edicola, successivamente scrive tre storie di Demon Hunter per la Xenia Edizioni.
Nel 1998 fonda una piccola casa editrice, la Factory.
Entra nella grande famiglia Bonelli nel 1999 chiamato da Carlo Ambrosini, conosciuto in Studiocomics dove cura la sceneggiatura di Tony e Clint, l’houseorgan di Alleanza Assicurazioni.
Per Bonelli, dal 1999 al 2002 si alterna proprio con Ambrosini ai testi di Napoleone, scrive anche Legs Weaver, Zagor e Dampyr.
Ha all’attivo anche due saggi: Scrivere fumetti editore PuntoZero (2001) e Making of Nick Raider per Edizioni If (2005).
Sempre con le Edizioni If ha firmato redazionali della ristampa di Nick Raider e il numero 2 della ministoria inedita.
Nel 2010 entra nel mondo di Dylan Dog per cui scrive la storia “Cattiva Sorte” inserita nell’albo Color Fest n°5.
Signor Cajelli innanzitutto come è stato confrontarsi con un personaggio come Dylan Dog che oltre a numerosi fan ha alle spalle oltre vent’anni di vita?
Leggo Dylan Dog dal primo numero, mi ricordo come se fosse ieri in quale edicola l’ho comprato, dov’ero e che cosa stavo facendo.
Ho iniziato a leggerlo molto, molto prima che i fumetti diventassero il mio lavoro. Il confronto con il personaggio è stato per forza di cose duplice.
C’è un confronto professionale, che riguarda le dinamiche e le caratteristiche che si sono sviluppati nella serie, fino ad arrivare al Dylan Dog attuale.
C’è un confronto più umano, legato a quello che il personaggio ha rappresentato per me a livello personale.
La fusione di questi due differenti modi di “guardare” è stata lunga e complicata. Scrivere Dylan Dog, per me, è molto difficile.
Sotto un certo punto di vista è un personaggio profondamente legato a quello che è stato un momento molto preciso per la crescita della mia generazione.
Parlo di tutti quelli che, come me, nel 1986 avevano più o meno quindici anni e si ritrovavano tra le mani il numero 1.
Scriverlo oggi, significa necessariamente fare i conti con il concetto stesso di crescita. Crescita ed evoluzione del personaggio, e crescita personale.
Quello che era, quello che è, quello che sarà.
E di conseguenza: quello che eri, quello che sei, e quello che sarai.
Poi ci sono: “gli altri”. I lettori, l’enorme quantità di fan che Dylan ha conquistato nel corso di questi vent’anni di pubblicazione.
Ognuno, secondo me, ha le percezione di un “proprio” Dylan Dog.
Il mio è il ricordo idealizzato della fine degli anni ’80, e dell’inizio degli anni ’90. Dove la mia storia di individuo si mescola con le atmosfere e le storie raccontate negli albi.
E per tutti gli altri?
Grande domanda.
Che cosa rappresenta, che cosa evoca, che cosa alimenta Dylan Dog nei suoi lettori di oggi?
L’albo dove è inserita la sua storia non è proprio dei più “anonimi”, la copertina è stata curata da Milo Manara, uno dei più grandi e famosi disegnatori di fumetti, con cui avete in comune il fumetto erotico di cui lei ha curato, insieme a Marco Schiavone Alta infedeltà. Il meglio dell’eros italiano a fumetti. Oscar Mondadori (2007). Potremmo chiamarlo un altro confronto?
Il Fumetto è un grandioso sistema di comunicazione. E’ un veicolo per raccontare storie di ogni genere e tipo.
Le, diciamo… “storielle porcelle”, avevano una caratteristica unica, oltre all’ovvia presenza di scene hot. Nelle produzioni italiane c’era una componente del tutto sperimentale e politicamente scorretta, che è scomparsa in modo progressivo fino a sparire completamente.
E’ un confronto interessante vedere “che cosa si faceva” e che cosa “non si fa più.”
Nella sua storia Groucho, l’assistente di Dylan Dog, è ridotto in fin di vita da un incidente e questo episodio trascina Dylan Dog in un vortice pericoloso nell’ambiente degli scommettitori e della malasorte. Come s’è immaginato, mentre scriveva la storia, il rapporto tra l’Indagatore dell’incubo e il suo stravagante assistente?
Groucho è fondamentale.
La forza di un personaggio si avverte in modo netto quando il personaggio è presente anche se è assente.
Il rapporto emotivo tra Groucho e Dylan è stato affrontato e analizzato in passato da altri autori. Ho ripreso alcune caratteristiche “classiche” del personaggio. E la mia esperienza nel cabaret mi ha aiutato a scrivere le ultime tavole in cui Groucho si scatena.
Come riesce a passare, sempre con ottimi risultati, tra personaggi così diversi tra loro, così come molto diversi sono i generi e le ambientazioni?
Grazie per gli “ottimi risultati”!
Per rispondere alla domanda diciamo che ho studiato. Tanto.
Ho i miei generi narrativi preferiti, ma riesco ad adattare la mia scrittura alle esigenze specifiche di contesti narratici specifici.
Alcune cose mi vengono meglio di altre, ma diciamo che la mia capacità di passare da un genere all’altro deriva dall’attenta osservazione tecnica dei materiali narrativi con cui entro in contatto.
Di base, il mio sguardo è quello di un meccanico che osserva un motore.
La carrozzeria arriva dopo. Dopo che ho capito come funzionano i pistoni.
Lei, come abbiamo già detto, è anche insegnante, quali sono gli elementi fondamentali per essere un buon sceneggiatore?
La curiosità.
Per curiosità non intendo dire: ho visto un bel film, lo prendo come spunto per scriverci una storia.
Per curiosità intendo l’esigenza di accedere alle fonti che portano a determinate conseguenze narrative.
Per tornare al discorso di prima. Non fermarsi mai alla carrozzeria.
Quale particolare del carattere di Dylan Dog crede che sia basilare per costruire una storia?
La straordinaria capacità di Dylan di cercare delle risposte, osservando il mondo che lo circonda in modo emotivo.
Lo sguardo di Dylan si rivolge all’esterno senza formulare un pregiudizio, ma stabilendo un legame empatico.
Da ciò che si legge di lei sui vari articoli che la riguardano, all’inizio della sua carriera, viene subito inquadrato come l’enfant prodige del fumetto italiano. L’hanno mai preoccupata tutte queste aspettative nei suoi confronti?
La verità?
Non sapevo, e non ne sono convinto neppure adesso, di essere, o di essere stato un enfant prodige.
Sono, ed ero, concentrato su quello che sto facendo, scrivere. Mentre scrivo, le mie preoccupazioni sono rivolte unicamente al raccontare bene una bella storia.
Questo mi preoccupa! Ma non è una preoccupazione legata a tradire delle aspettative altrui, si tratta di non tradire le mie di aspettative.
Poi, è chiaro, a volte le mie aspettative non coincidono con quelle del lettore.
E’ un problema di sintonia, secondo me. Ma è anche impossibile piacere a tutti.
Ringraziamo Diego Cajelli per la cortesia e la disponibilità mostrataci. Al momento la sceneggiatura per la storia del Color Fest numero 5 è l’unica da lui proposta in Bonelli per Dylan Dog ma noi tutti ci auguriamo di vederlo presto sulle nostre pagine preferite.