Ciao a tutti gli amici dylandogofili,
continua ad imperare la pazzia. Oggi abbiamo l’onore di presentarvi un tris di disegnatori davvero forti: Davide Gianfelice, Carmine Di Giandomenico e Daniele Caluri. Artisti giovani che però presentano un curriculum ed una bravura nel disegnare non di poco conto!!!!
Eccovi le biografie, in ordine alfabetico, per meglio introdurci nell’intervista.
DANIELE CALURI
Nato a Livorno il 26 gennaio 1971, diplomato alla Accademia di Belle Arti di Firenze nel 1996, ha in seguito lavorato per Bonelli ad alcuni albi di Martin Mystère (La tredicesima fatica, n. 281 dell'ottobre 2005 e Il codice Caravaggio, n. 291 del giugno 2007) in collaborazione con Alfredo Castelli, conosciuto durante Lucca Comics 1999. Oltre alle storie ufficiali della serie, l’ultima è la storia “Eccentrici Visitatori dalla Seconda Dimensione” allegata allo speciale n.27, Caluri ha disegnato anche tre fascicoli comici su Martin Mystère, pubblicati in occasione di Rimini Comix, di un evento all'Università di Padova e di Italia Wave 2007. Quest’estate sul Color Fest è uscita “Lacrima di stella”, un’apprezzatissima storia dell’Indagatore dell’incubo da lui disegnata.
Ha pubblicato un primo albo a fumetti nel 1999 raccogliendo le storie del suo personaggio Fava di Lesso pubblicate sul Vernacoliere a partire dal 1993 e sino al 1998. Fava di Lesso, un pellerossa stereotipato sulla base del genere western con frequenti deviazioni nello scurrile e nel boccaccesco, aveva riscosso ottimo successo tra i lettori del giornale. Proprio grazie al successo di questo personaggio venne la collaborazione con la Bonelli Editore. Accantonato il personaggio dell'indiano scorbutico, Caluri ha lanciato una nuova serie mensile, pubblicata dal 1999 al 2004: Luana la bebisìtter, incentrata sulle avventure di una sexy babysitter, Luana, procace quanto stupida, e di un ragazzino, Màicol, ricco, orribile a vedersi e malvagio.
Sempre nel periodo di Luana, Caluri è ritornato alle vignette con Nedo, personaggio muto ma dalla perenne erezione ma dai suoi utilizzi imprevisti e surreali.
L'ultima opera è Don Zauker, prete esorcista assai fuori dagli schemi: sboccato, dal fisico palestrato e ipertatuato, per nulla vicino alle posizioni tradizionali della Chiesa Cattolica. Il nome di Don Zauker deriva da un personaggio della serie Daitarn 3, il capo dei perfidi Meganoidi, a sottolineare da subito il carattere del personaggio: “arrogante, manesco, ignorantissimo, egoista, bugiardo, è l'incarnazione di tutti i vizi dell'uomo” (Emiliano Pagani). Le fattezze fisiche, invece, ricordano da vicino quelle di Clint Eastwood e dei duri del cinema di azione. Gli episodi della serie sono stati pubblicati dal Vernacoliere in due raccolte, nel 2006 e nel 2008, e nel 2007 si sono aggiudicati il Premio Micheluzzi nelle seguenti categorie:
* "Migliore Disegno per una Serie Umoristica" (Daniele Caluri)
* "Migliore Sceneggiatura per una Serie Umoristica" per l'episodio "Brasil" (Emiliano Pagani)
* "Migliore Serie Umoristica" (Emiliano Pagani e Daniele Caluri)
Per quest’ultima categoria, la serie ha ottenuto un secondo Premio Micheluzzi nel 2009.
Nel 2009 è uscito Don Zauker – Santo subito, il primo albo inedito dell’esorcista, premiato con il Comicus Prize a Mantova 2010, e per Lucca 2010 sarà pubblicato il secondo albo inedito; Don Zauker – Inferno e Paradiso.
La serie e gli albi inediti sono tradotti e pubblicati anche in Spagna, Francia, Belgio e Canada.
Nel 2006 Caluri ha vinto a Lucca Comics il premio Gran Guinigi come miglior disegnatore e il premio Fumo di china come "Miglior autore completo umoristico".
L'edizione 2007 di Lucca Comics ha dedicato a Caluri una mostra monografica.
Nel 2007 disegna l'adattamento a fumetti del romanzo Michele Strogoff di Jules Verne, su sceneggiatura di Frédéric Brémaud, per le edizioni Adonis/Glénat.
CARMINE DI GIANDOMENICO
Classe 1973, Carmine Di Giandomenico è considerato uno tra gli autori di punta del panorama fumettistico italiano contemporaneo, noto al pubblico soprattutto come il creatore, insieme ad Alessandro Bilotta del personaggio di Giulio Maraviglia (3 volumi editi da Montego, 2000/2001), nonchè della sorprendente distopia de La Dottrina.
Come disegnatore, esordisce nel mondo del fumetto disegnando la miniserie Examen (miniserie in 4 volumi, edita dalla Phoenix Enterprise), scritta da Daniele Brolli (progetto grafico di Davide Fabbri), opera che gli permette di farsi notare dall'editore Marvel ITALIA Comics che gli commissiona un numero della serie Conan scritto da Chuck Dixon e pubblicato in esclusiva nel 1997 per il mercato spagnolo (La espada salvaje de Conan # 13: El ultimo secreto de la Atlantida).
Nel 1995 con Cristian De Matteis lavora per una piccola casa editrice di Teramo, la "Stylo Comics", e decide di autoprodurre un’opera, "Lovelorn Man", numero 0.
Oltre ad avere collaborato come story-board artist per la televisione e per il cinema (con i registi: Martin Scorsese, Tsui Hark e Sergio Rubini), ha progettato e realizzato l'architettura per la città virtuale su cui è strutturato il sito ufficiale del cantautore Claudio Baglioni.
Nel 2002 disegna, su sceneggiatura di Alessandro Bilotta, Racconto breve - Il cantore dei balocchi edito dalla Lexy ed apparso su Lexy presenta #12.
Sempre nel 2002, ancora su testi di Bilotta, da vita a La dottrina miniserie in 4 volumi editi dalla Magi Press – Gruppo Saldatori.
Nel 2004 ha esordito come autore completo con l'opera in 2 parti Oudeis, originale rilettura in chiave cyber-fantasy del personaggio omerico di Ulisse edita da salda Press.
Nel 2005, su testi di Alessandro Bilotta, realizza Romano (primo volume di tre) per la Glenàt e, per les Humanoides associees, La lande des Aviateurs.
Nel 2007, dopo diverse collaborazioni con Marvel Comics per le testate What if? (Captain America e Wolverine) Marvel Comics presents (Spider-man noir, One shot Justice, Magneto testament, Spider-man noir sequel e Annual Invicible ironman), ha disegnato e scritto (con la collaborazione di Zeb Wells) Daredevil: Battlin' Jack Murdock, una miniserie di 4 numeri che si concentra sul personaggio di Jack Murdock, il padre di Matt -Daredevil- Murdock, svelando molti particolari della continuity di questo personaggio.
Sue sono anche le storie: Vegas, Paladin e Red Wolf, sempre per la Marvel Comics, pubblicate su varie riviste.
DAVIDE GIANFELICE
Davide Gianfelice nasce a Milano il 18 giugno 1977. Frequenta il liceo artistico e successivamente si iscrive alla Scuola di fumetto di Milano.
Terminati gli studi inizia a lavorare professionalmente disegnando sia per la pubblicità sia come fumettista.
Inizia la collaborazione con le case editrici italiane, prima con l'Eura Editoriale su John Doe (realizzandone 5 episodi) e poi in Bonelli con Dylan Dog. Nel 2007 è pubblicata sul primo Color Fest la sua storia “L’accalappiasogni” su testi di Tito Faraci.
Nel 2006, la svolta: alla fiera di Mantova l’incontro con l’editor Vertigo. Alcune tavole di prova e poi subito al lavoro sulla serie Northlanders del grandissimo Brian Wood. Da quasi 4 anni collabora continuativamente con l'America lavorando con loro (Northlanders # 1 e Greek Street) e con la Marvel (Wolverine weapon # 16 ed a breve Dare Devil REBORN).
Nel 2008 realizza una copertina per la serie Jonathan Steele, edizione Star Comics.
Innanzitutto vi ringraziamo per la disponibilità a realizzare quest’intervista e per il tempo che ci vorrete concedere ma soprattutto per la sincerità con cui vorrete rispondere a queste domande.
Ci parli del tuo percorso formativo e del tuo esordio? Molti di noi sono aspiranti disegnatori e ci piacerebbe avere qualche consiglio anche attraverso il racconto di qualche aneddoto.
Caluri: Più che consigli, posso dispensare al massimo qualche sconsiglio. Nel percorso di un esordiente si possono fare tanti errori: io, che sono un furbacchione, li ho fatti tutti.
A 12 anni decisi che da grande avrei fatto l’autore di fumetti. Ho iniziato a pubblicare le prime vignette sul Vernacoliere a 14 anni senza crederci sul serio. Questo mi ha portato a pubblicare il mio primo albo a 28 anni. Questo per dire che avrei dovuto intraprendere la collaborazione col mensile satirico con l’ottica di imparare, migliorare il tratto, capire i meccanismi che stanno dietro alla sceneggiatura, etc... Invece mi sono adagiato per anni su un ritmo di produzione irrisorio: qualche vignetta, poi una tavola, poi due, ogni mese. Così i miei progressi sono stati lentissimi.
Un altro errore è stato quello di non ispirarmi ad un solo maestro. Ho sempre letto una quantità di fumetti preoccupante, innamorandomi ogni volta di troppi mostri sacri, e dagli stili più diversi: Bernet, Mandrafina, Moebius, Bilal, Sommer, Font, Zaffino, Nine, Gimenez… Questo ha fatto sì che il mio tratto non prendesse una direzione precisa, ma avanzasse con grande incertezza. Incertezza che, sia chiaro, pago tuttora.
Penso che, alla fine, io sia il risultato anche di quegli errori, e va bene così. Ma tornassi indietro, proverei a non rifarli.
Di Giandomenico: Bhè sicuramente appartengo alla vecchia guardia che girava per le fiere con la cartellina piena di illustrazioni, cercando di trovare, incontrare redattori per avere un'opinione sul mio lavoro. Oggi nell'era di internet alcuni procedimenti sono molto più accellerati.
Ma del mio percorso da "esordiente" ( metto tra parentesi, perchè in verità non si finisce mai di esserlo) conservo moltissimo i ricordi dei viaggi in treno e in pullman.
A Teramo, la mia città, dove vivo tutt'ora, il mio percorso è iniziato assieme a grandi amici, anche loro appassionati di fumetti e ci riunivamo per pomeriggi interi a disegnare. Queste persone erano ADRIANO DE VINCENTIIS, CRISTIAN DE MATTHEIS, CRISTIANO DONZELLI.
Adriano collabora sia nel cinema che con i fumetti in Francia, e adesso lo potete ammirare su Frigidare, mentre Cristiano e Cristian collaborano con il cinema, ed è stato merito loro per le mie collaborazioni nel mondo del cinema.
Il mio esordio avviene incontrando Daniele Brolli, che mi affidò la miniserie Examen.
E' stato un perscorso che mi ha dato le basi, che poi si sono evolute, con il tempo con la collaborazione con tanti altri autori, fra tutti, Alessandro Bilotta.
Detta così può sembrare rose e fiori, ma vi assicuro che il percorso è molto duro.
Gianfelice: Ho frequentato il liceo artistico e poi, la scuola di fumetto di Milano.
Mi piaceva disegnare, e leggevo tanti fumetti, quindi il mio percorso formativo ha preso inevitabilmente quella strada.
Successivamente, alla scuola del fumetto, ho mosso i primi passi nel mondo del lavoro collaborando a piccole produzioni e facendo il visualizer per la pubblicità.
È stato un momento difficile, soprattutto perché la maggior parte di questi lavori (a parte la pubblicità) erano pagati poco, e cercare una propria dimensione nel mondo del fumetto era veramente difficile ma, in compenso, sono stati anni fondamentali per crescere lavorativamente e farmi le ossa.
Il mio esordio fu con l’Eura Editoriale, con qualche libero (storie apparse su Skorpio e Lanciostory) e successivamente sulla serie regolare John Doe.
In una nostra intervista, un vostro collega, Fabio Celoni afferma che "Ciò che si crea è il distillato di ciò che si è, di quel che si è letto, visto e pensato. Il disegno è l'espressione della propria personalità, della propria sensibilità e cultura". Condividi questa affermazione? Se si, cosa ha influenzato la tua creatività e il tuo tratto? E chi ti piacerebbe influenzare?
Caluri: Beh, se qualcuno ammira il mio lavoro e ne trae qualcosa mi fa piacere e parecchio, ma non disegno certo con l’intenzione di influenzare qualcuno. Comunque condivido l’affermazione di Fabio al 100%: disegnare è conoscere.
Ma è difficile fare un’autoanalisi per risalire a cosa abbia contribuito a formare la mia creatività e il mio tratto. Per quanto mi riguarda, direi i 39 anni che precedono questo momento.
Perché non sono solo i libri, i dipinti, i fumetti, i film, la musica. Credo fortemente che il mio tratto sia stato formato anche dalle esperienze vissute, anche quelle che col disegno non c’entrano apparentemente nulla. Non saprei dire quale collegamento ci sia, ma sono certo che il vissuto condizioni anche la maggiore o minore sicurezza nel tratto, l’equilibrio nella composizione, il bilanciamenti dei bianchi e neri, l’uso del colore, il gusto estetico; il coraggio, la paura o la sfacciataggine nella scelta delle soluzioni grafiche.
E’ un po’ come il battito d’ali della farfalla qui e l’uragano in Giappone: vattelappesca cosa ci sta in mezzo.
Di Giandomenico: Personalmente la condivido, oggi non esiste l'originalità in assoluto, o meglio forse non la si può esprimere per via di meccanismi standardizzati, che regolano il mercato.
Parlo per il disegno ovviamente. A livello di sceneggiatura si può sperimentare in maniera più sottile, anche se pure lì, è difficile.
Influenzare qualcuno? No, non mi interessa, e già la parola influenzare è brutta.
Preferirei che possa dare stimoli per avvicinarsi a questo mestiere, che è faticoso, ma è il più bello del mondo, e non a livello semplicistico e traffichino con esercizi di stile.
Gianfelice: Condivido in pieno. Disegnare fumetti è anche un ottimo modo per continuare a studiare, informarsi, osservare e provare. La ricerca, la documentazione, l’osservazione è fondamentale quando si disegna, è importantissimo. Attingere alle proprie esperienze personali, a tutto quello che fa parte del proprio bagaglio personale, non fa altro che impreziosire il proprio lavoro.
Viaggiare per esempio, è un ottimo modo per e scoprire nuove cose, e ad aumentare la propria creatività.
Il segno è quindi in continua evoluzione e costantemente sottoposto a influenze sempre diverse. Springer, Mignola, Mastantuono, Parlov, Mari sono solo alcuni degli autori che, quando lavoro cerco di osservare il più possibile, le loro opere sempre aperte davanti alle mie tavole.
Un disegnatore, in Italia, quanto è indirizzato da esigenze editoriali e quanto invece è libero di esprimersi? Si lavora diversamente all’estero? C’è un diverso rapporto “editore-disegnatore-sceneggiatore”?
Caluri: Posso fare una provocazione? Dipende dal disegnatore.
E’ ovvio che dal momento in cui si sceglie di collaborare con una casa editrice, si debba essere pronti a muoversi entro le relative linee editoriali. Ovviamente si possono – si debbono – fare tentativi per innovare tali linee editoriali, ma se questi tentativi sono rifiutati da parte dei vertici, si deve essere pronti a rispettare tale decisione.
Tuttavia, l’alternativa c’è sempre, ed è dire di no. <
Se non si è d’accordo con la filosofia di una casa editrice, si può sempre rinunciare alla collaborazione. Esistono altre vie.
E’ finito il tempo dell’esclusività della struttura che dà lavoro a chi scrive e disegna. Ci sono le autoproduzioni, le semiautoproduzioni, i partenariati con entità commerciali fuori dal mondo del fumetto, come sta dimostrando l’esperienza di Pic-nic. E c’è il web, che fornisce non solo il supporto, ma anche il potenziamento per la promozione, la diffusione e la vendita.
L’importante è mantenersi aggiornati e curiosi, in modo da cercare la miglior via per muoversi, o – anche meglio – inventarla di sana pianta.
Questo vale sia per l’Italia che per il mercato Francese, anche se Oltralpe il discorso è diverso, e concerne la preparazione culturale. L’approccio che hanno i francesi al fumetto e all’arte in generale è distante anni luce rispetto a quello italiano, e attribuisce a questo medium una dignità e una risonanza nell’immaginario collettivo che noi ce la sogniamo. Anche se, ovviamente, non sono tutte rose e fiori e anche là le logiche di mercato impongono altri e diversi equilibri.
I rapporti, comunque, rimangono gli stessi, almeno per la piccola esperienza che ho fatto finora.
Di Giandomenico: Il disegnatore di fumetti seriali, non è mai libero, nel senso e mi spiego meglio, deve collaborare con uno sceneggiatore, e quindi già collaborando con le visioni di un'altra persona, per forza di cose, non sei libero di interpretare una sceneggiatura a tuo piacimento, poi oltre a questo fattore, si passa al fattore impostazioni della casa editrice con la quale si collabora.
Con gli Stati Uniti il rapporto è identico a quello italiano solo che hanno una mentalità più aperta sulle proposte del disegnatore riguardo alla trama che deve sviluppare, lasciandolo libero di interpretare le inquadrature all'interno della vignetta e alle idee sul montaggio/ scansione della pagina.
Gianfelice: Ogni fumetto basa la sua struttura editoriale sulla cultura e sulla storia a cui appartiene.
Fare fumetti è uguale in qualsiasi parte del mondo, cambiano però le regole a seconda del tipo di fumetto che si disegna.
In Italia, per esempio, un autore che lavora per la Bonelli Editore, è generalmente libero di esprimersi come meglio crede all’interno di strutture molto precise.
In America generalmente, si hanno molte più libertà. Nella mia esperienza personale non ho trovato molte differenze: un disegnatore sa che ci sono regole da rispettare a seconda per chi sta lavorando.
Le sceneggiature sono molto precise e giustamente dettagliate e il rapporto con l’editor è spesso fantastico, il pomeriggio si spediscono le tavole e talvolta la sera ci si ritrova a bere tutti insieme.
Disegnare Dylan dog è il tuo unico impegno artistico? Se non lo è, noi che vi abbiamo conosciuto così, cos’altro possiamo leggere?
Caluri: No, anzi è solo l’ultimo degli impegni artistici, in termini cronologici. Quello che ho fatto prima, o che faccio tuttora, è elencato nella vostra introduzione.
Di Giandomenico: No, come potete leggere dal mio curriculum. Sono arrivato a disegnare DYD nel Color Fest 2 grazie a Bilotta e Gualdoni, che mi hanno proposto a Marcheselli.
E' stata una bellissima collaborazione.
Gianfelice: No, ora sono impegnato in Marvel ma ho disegnato per tante case editrici.
Ho Iniziato con John Doe disegnandone i numeri 11-19-26-39-47, ho disegnato per la Vertigo il primo tomo di Northalnders (il ritorno di Sven) e una parte del terzo tomo (sempre con una storia avente come protagonista Sven ) e ho disegnato tutta la serie Greek Street su testi di Milligan, che sta venendo pubblicata ora in Italia. Ultimamente, sono passato in Marvel e oltre a una piccola storia di Wolverine (weapon X 16) ora sono impegnato su di una miniserie di DareDevil ( reborn) di prossima pubblicazione.
Come si prepara un albo dylaniato? Quanto tempo ci impieghi? Ci parli di come "vivi" la fase di preparazione?
Caluri: Leggo la sceneggiatura e cerco di percepire la giusta atmosfera delle varie sequenze. In genere devo conciliare l’intento dello sceneggiatore con quello che il testo suggerisce a me, e sui fogli, a margine, mi appunto alcune cose per la messa in pratica. Contemporaneamente sottolineo le parti per le quali occorre un po’ di documentazione: strutture, oggetti, abbigliamento, macchinari, etc… a meno che non me l’abbia fornita lo sceneggiatore.
Quindi passo alla progettazione della tavola: disegnata la griglia, comincio a rileggere una seconda volta, pagina per pagina, fisso mentalmente le inquadrature, la regia e gli effetti di luce, prendo una matita abbastanza dura e spuntata e, sul foglio definitivo, abbozzo in ogni vignetta le masse, i volumi e i corpi dei personaggi. Quello è il mio storyboard. Quando l’effetto d’insieme della tavola mi convince, passo alla successiva, fino a completare un’intera sequenza.
A questo punto riparto dalla prima tavola e, con una matita appuntita, torno sulle masse scarabocchiate e comincio a tirare fuori i dettagli, a disegnare i contorni definitivi e la distribuzione approssimativa dei neri.
Successivamente passo all’inchiostrazione: prima disegno con il pennarellino i contorni e i tratteggi, e poi le ombre, le campiture di nero e alcuni effetti con il pennello.
Faccio passare un paio di giorni, in modo che la carta assorba bene l’inchiostro, e cancello tutto il lavoro a matita.
L’ultima fase sono le correzioni e i ritocchi.
Il tempo che impiego dipende da un sacco di variabili. Ci sono stati mesi in cui ho prodotto 10 tavole, e altri in cui ne ho disegnate più di 30. I fattori in gioco sono tanti: la maggiore o minore difficoltà prevista dalla sequenza, la quantità di personaggi, gli sfondi, la ricerca della documentazione, gli impegni di altri tipo...
Di Giandomenico: Guarda personalmente ho collaborato solo per il Color Fest, ma sentendo i colleghi per fare una storia completa di DYD ci vuole un anno/ un anno e mezzo.
Per la realizzazione del pianeta dei morti scritta da Alessandro Bilotta, posso dirti che abbiamo iniziato a fare degli studi del personaggio, visto che la trama era un mondo alternativo che ci permetteva di poter giocare con DYD.
Ho realizzato alcune versioni che Marcheselli e Gualdoni hanno selezionato.
Una volta scelta la versione ufficiale, mi è arrivata la sceneggiatura.
Devo ringraziare molto Marcheselli e Gualdoni, perchè collaborando con loro ho capito in maniera più forte la complessità della narrazione classica ( detta oggi BONELLI ).
Gianfelice:La storia del Color Fest che disegnai fu fatta in tre mesi circa. Ricordo che il progetto mi fu proposto intorno a febbraio ed accettai di corsa. Dopo qualche studio sul volto di Dylan partii subito con le matite. Fu un periodo piuttosto complicato, motivi personali e molto lavoro. Ma generalmente vivo bene la fase di preparazione di un fumetto nuovo.
Con Dylan ero molto emozionato e nervoso, devo ammetterlo, insomma resta pur sempre uno dei personaggi storici con cui sono cresciuto e disegnarlo fu una grossa responsabilità.
Quali sono i tuoi strumenti di lavoro? Che tecniche utilizzi?
Caluri: Dopo aver cercato – senza esito – un pennino che mi si confacesse, ho deciso di passare ai pennarellini, che sagomo con una lametta. Poi matita H spuntata, micromina hb e matita hb. Il pennello è il 2 di martora della Windsor & Newton, come la china. Carta Schoellers Durex.
Di Giandomenico: Un pò di tutto, non mi faccio prendere dalle marche o dal prodotto che va di moda.
E' un handicap che mi porto da scuola dove il mio insegnate di Figura al Liceo Artistico, mi disse, non è importante il materiale che usi, ma quello che vuoi comunicare, che poi siano fogli da disegno o carta da pane non importa, l'importante è il messaggio.
Fatta questa premessa, utilizzo fogli normali da disegno, pennarelli neri usa e getta, un pennarello seppia che diluisco con l'acqua per le ombre, e poi il mezzo tecnologico Photoshop.
Gianfelice: Matite, un paio di gomme pennello china e pennarelli. Generalmente disegno su fogliacci da fotocopia una sorta di storyboard molto dettagliato, ma molto grezzo, che uso anche come “matita”. Poi a tavolo luminoso sul foglio buono, generalmente liscio, definisco i volumi e passo a china. Correggo con bianchetto e acrilico bianco. In zone grosse applico una patch e ridisegno dove ho sbagliato.
Qual è il suo rapporto con gli sceneggiatori e con Tiziano Sclavi? Ha qualche aneddoto per noi "feticisti" di Dylan Dog?
Caluri: E’ ancora presto: di DD ho disegnato solo un episodio del Color Fest 2010 e sto disegnando in questi giorni il mio primo albo della serie regolare. Non ho mai incontrato Sclavi, purtroppo. Il mio rapporto con gli sceneggiatori di DD si riduce alla collaborazione con Marzano, che ho appena intravisto a Lucca Comics, e Roberto Recchioni, che invece conosco bene ed è l’autore della sceneggiatura che sto disegnando.
Ed è una fortuna, per me: conosco Roberto da prima di collaborarci, e oltre all’amicizia c’è una reciproca stima. Questo mi permette di lavorare in scioltezza: lui si fida delle mie soluzioni, dell’interpretazione che do della sua sceneggiatura e io lavoro in scioltezza e serenità. E’ un rapporto molto simile a quello che ho con Alfredo Castelli per Martin Mystère.
Di Giandomenico: Con Sclavi, no, ma con Bilotta si, e posso dire che è una persona disponibilissima la dialogo. Pochi sceneggiatori hanno questa qualità. JHo vissuto gran parte della mia carriera realizzando assieme sue storie, e posso assicuravi che dovreste seguirlo sempre per le sue scelte coraggiose, come "La Dottrina" ad esempio.
Ma non ultimo Valter Buio.
E credo che su DYD il meglio ( per meglio intendo sorprese) debba ancora arrivare da parte di Alessandro.
Altro sceneggiatore che conosco è Roberto Recchioni e credo che questi due autori, saranno redini molto salde per DYD.
Gianfelice: Purtroppo la mia incursione nel mondo di Dylan è stata molto breve. Conosco parecchi disegnatori e sceneggiatori, ma a parte Tito con cui ho lavorato alla storia del Color Fest, non ho avuto il piacere di disegnare altre storie con altrettanti sceneggiatori.
Quali sono gli aspetti della personalità di Dylan che trovi più interessanti? Quali condividi e quali no?
Caluri: Dylan è interessante perché non è un eroe monolitico, ma fragile. Il lato umano, umanissimo è sottolineato dal suo passato, dalle sue debolezze e questo crea un legame empatico con il lettore. Già Ken Parker aveva aperto questa strada, ma Sclavi crea intorno al suo personaggio un contesto che rappresenta un’alchimia per ora irripetuta. I toni horror vanno a braccetto con l’ironia e il surreale, il sangue con i sentimenti, la mostruosità con la banalità del quotidiano.
L’unica cosa che non condivido – che non ho mai condiviso, fin dal primo albo – non è tanto un aspetto della sua personalità, quanto quel maledettissimo “Giuda ballerino”. Sì, lo so, probabilmente alle vostre orecchie sembrerà una bestemmia, ma ragazzi, a me ha sempre dato sui nervi.
Di Giandomenico: il suo lato malinconico mi piace tantissimo disegnarlo, soprattutto quando è trasandato, ma soprattutto la sua capacità di reagire a tutto quello che di assurdo gli capiti.
Quello che non condivido molto negli ultimi anni la perdita definitiva del mistero, si vuole spiegare troppo, togliendo spazio all'inquietudine.
Cosa che Recchioni e Bilotta, ed Altri, soprattutto autori giovani, stanno cercando di riportare alla luce. In fondo parliamo sempre un fumetto dell'orrore.
Gianfelice: Mi piace molto il suo passato travagliato e la sua redenzione nel presente.
Sempre in bilico nello scontro con i suoi fantasmi che ogni tanto tornano e lo mettono in crisi.
In ogni caso preferisco le prime storie di Dylan, quelle in cui c'era molto più splatter e il tono del fumetto era molto più horror, e anche lui era più “policamente scorretto”.
Non mi piace invece quando alcune storie cadono nel “buonismo a tutti i costi”, sono appunto lontane dalle storie in cui il personaggio era quello dei primi anni.
Groucho Marx: ironico, a tratti demenziale, assurdo, per alcuni il vero e proprio colpo di genio di Tiziano Sclavi. Qual è il tuo rapporto con la spalla di Dylan? Cosa si prova nel disegnarlo?
Caluri: Non ho sufficienti elementi per dirlo: per ora l’ho disegnato soltanto in due vignette!
Di Giandomenico: Amore a prima vista :)
Gianfelice: Anche qui il mio pensiero è relegato solo a qualche vignetta della mia breve storia del Color Fest. In ogni caso, Groucho è molto divertente da disegnare e mi piace il suo petulante e irritante modo di fare con tutti: lo adoro quando ci sono i siparietti con Bloch!
Tra un poco uscirà il film di Dylan Dog. Incredibilmente il primo; è senza Groucho, ambientato a New Orleans e con tante altre piccole/grandi differenze...cosa ne pensi?
Caluri: Eresia n° 2. Siete pronti? Eccola: Groucho è l’altra cosa che ho sempre digerito solo in parte in DD. E’ una spalla eccezionale, ma per quanto la sua folle ironia sia funzionale ad amplificare l’orrore, non ho mai apprezzato al 100% la sua personalità.
Credo sia dovuto allo spirito di patata delle battute: quando va bene non mi fanno ridere, quando va male sono giochi di parole, che aborro.
In ogni caso, per quanto poco sappia del film che dovrà uscire, penso sia un errore non aver previsto Groucho e Londra. Come dire, facciamo un film su Tex, ma ambientato nella Parigi di fine ‘800, in camicia Verde e a cavallo di un facocero.
Di Giandomenico: No comment... dal trailer che ho visto mi è sembrato Buffy versione maschile, spero vivamente in una sceneggiatura con dialoghi che lo possano rispettare come personaggio.
Gianfelice: Non ne ho idea. La maggior parte delle volte quando traggono un film da un fumetto ne stravolgono a volte contenuti e dinamiche. Anche perché poi casa editrice e autori non hanno nemmeno il controllo dell’opera. Qui per esempio la mancanza di Groucho e la diversa locazione, non fanno altro che snaturare il fumetto originale.
Staremo a vedere ma sono alquanto dubbioso: sono rari i casi quando fumetto e film lasciano lo spettatore realmente appagato.
Provocazione: in un'epoca in cui la superficialità e il decadimento morale sembrano essere diventati gli standard esistenziali più in voga, perchè Dylan Dog continua ad essere letto e venduto? A tuo parere può avere un ruolo politico?
Caluri: In che senso un ruolo politico? Se s’intende la sua candidabilità alle prossime elezioni, sì, certo. Meglio della maggior parte degli altri personaggi in lizza.
Se invece s’intende un suo ruolo pedagogico nella società, il discorso si fa più complesso. DD è una serie mainstream, rivolta a un pubblico di lettori il più vasto possibile, e proprio per questo priva di contenuti o riflessioni di carattere politico espliciti. Non è un caso che nel corso degli anni sia cambiato non poco, e non sempre con esiti positivi, per intercettare i gusti della società in evoluzione (o involuzione), e questo ha contribuito a determinare il mantenimento del suo successo.
Al di là della vicenda narrata in ogni albo, c’è tuttavia un secondo livello di lettura di DD, che sta alla base della filosofia della serie fin dal suo esordio. E in esso si possono trovare la stigmatizzazione della stupidità di tanti aspetti dell’esperienza umana, a partire dalla presunta supremazia della normalità, dalla burocrazia, al dramma vissuto dalle persone sole, all’emarginazione del diverso, del “mostro”, quando invece la mostruosità, come abbiamo occasione di rilevare quotidianamente, spesso sta proprio nella cosiddetta normalità.
In questo, possiamo trovare un ruolo politico.
Cioè, non credo che Dylan voterebbe mai Lega Nord, ecco.
Di Giandomenico: Ruolo politico? bhè domandone alla Gerry Scotti e Paolo Conti assieme.
A che cifra mi trovo, posso lasciare ora? Scherzo:)
Politicamente non saprei, ma sicuramente di denuncia si, può essere utilizzato per sensibilizzare alcuni argomenti, cosa accaduta tempo fa con Roberto Recchioni.
Per il fatto che sia il fumetto più venduto, oddio… oramai è moda. E' come dire, che se non hai letto mai un DYD non sei di questo mondo! Non credo che questo faccia bene al personaggio. Perchè lo proietta in una realtà differente rispetto a quella per cui è nato.
Facendolo diventare la macchietta di se stesso. E posso assicurarvi che vedere i boxer o tappetini per l'ingresso in casa, con il volto di DYD, è per me...veramente triste.
Gianfelice: Socialmente parlando, DD ha affrontato, a suo modo, temi importanti e anche di spessore, ma credo che Dylan deve rimanere così com’è. La politica è troppo corrotta, e si rischierebbe di corrompere anche il personaggio che va benissimo così com’è.
Hai in cantiere un nuovo episodio di Dylan Dog?
Caluri: Vedi sopra. Un albo della serie regolare sceneggiato da Recchioni, che terminerò intorno a febbraio-marzo 2011, salvo imprevisti.
Di Giandomenico: No, Al momento sono impegnato con la Marvel comics per una miniserie di otto numeri ma spero tanto che mi possa ricapitare tra le mani Old Boy. Avrei anche un paio di soggetti in testa. Solo che per poterci arrivare, ci vuole tanta pazienza, attendiamo!
Gianfelice: No per ora no.
Ha qualche consiglio per gli aspiranti fumettari? Se dovessi consigliare un fumetto da leggere, quale sarebbe?
Caluri: Ultimamente, i fumetti che ho apprezzato di più sono molto diversi fra loro: i 4 volumi di “Criminal” e i 5 di “Sleeper”, di Ed Brubaker e Sean Phillips, “Appunti per una storia di guerra” di Gipi, il bellissimo “L’eredità del colonnello” di Trillo e Varela, “Rughe” di Paco Roca, “Prosopopus” di Nicolas De Crécy, ma anche la saga del Punitore di Garth Ennis, che è riuscito a rendere complesso e interessante un personaggio prima illeggibile.
Se però si va indietro nel tempo, consiglierei un sacco di altra roba, a partire dal mio amato Torpedo, di Abuli e Bernet, “V for Vendetta”, “From Hell”, “Watchmen” e “La Lega degli Straordinari Gentlemen” di Alan Moore, “The Invisibles” di Grant Morrison, “Pompeo” di Andrea Pazienza...
Ah, già: “Don Zauker”, di Caluri e Pagani… :)
Di Giandomenico: Retorico e antico, ma la parola chiave è rispetto. Non fatevi prendere dalla frenesia di dover arrivare ad ogni costo alla pubblicazione, ma ci vuole pazienza, e soprattutto rispetto per le persone che vi muovono critiche costruttive, e non critiche distruttive.
E non svendetevi più.
Il fumetto da leggere?
Il RONIN di Frank Miller. assieme al suo Dark Knight. Lo so, lo avrete sentito mille volte, ma non dovete leggerli, ma studiarli: è diverso. Se volete capire il cambiamento del montaggio, dovete analizzarli al microscopio (ovviamente parlo per i disegnatori e non per gli sceneggiatori).
Gianfelice: Il consiglio a chi vuole intraprendere questa strada è continuare a disegnare. E per migliorare bisogna farlo tanto.
Consiglio di leggere tanti fumetti, perché un fumettista deve sempre capire come il mercato evolve e in che modo, questo è importante se si vuole continuare a lavorare bene e non fossilizzarsi in un unico genere.
Ed ora chiudiamo con 3 domande personalizzate su 3 argomenti che ci hanno incuriosito di voi.
Caluri: Ripensando al tuo personaggio Don Zauker ci siamo chiesti quanto di te ci sia in lui e quanto disegnarlo influenzi anche te stesso. Nel tuo personaggio si nota una forte ironia su quelli che sono i problemi morali di oggi, scherzando sul sacro e sul profano che viene presa con lo spirito tipicamente toscano: intelligente, dissacrante ed al tempo stesso divertente.
Il rapporto che c’è fra me e Don Zauker è catartico. Con Emiliano decidemmo di dare vita a questa serie principalmente per reazione a un clima fondamentalista sempre più soffocante. Dopo il Giubileo la presenza della Chiesa Cattolica nei media, già pervasiva, si era fatta – ed è tuttora – insopportabile. Ma più che le ingerenze delle gerarchie ecclesiastiche nella vita politica italiana, più che i condizionamenti imposti alle scelte dei legislatori e che si riflettono nelle possibilità di ognuno di noi, più che le posizioni antistoriche e la demonizzazione del progresso che ci relegano in fondo a ogni tipo di classifica rispetto agli altri Paesi occidentali, la nostra satira è indirizzata verso l’enorme massa di fedeli che rinunciano al proprio spirito critico e alla capacità di ragionamento, quando posti di fronte a un rappresentante della Chiesa. La corsa all’indietro, la regressione del pensiero collettivo in favore di un ritorno alla superstizione, alla fede e al rifiuto della libertà di coscienza, oltre che di pensiero, sono gli aspetti che mi fanno tremare di più.
Don Zauker è la nostra valvola di sfogo, il nostro piccolo contributo alla causa. Volgare, sboccato, eccessivo, ma tant’è; le mezze misure non sono mai servite a nulla.
Di Giandomenico: in Rete ho trovato una tua vecchia intervista, a cura di Stefano Perullo su www.amazingcomics.it , in cui, cito testualmente, alla domanda “Sul sito internet www.jonathansteele.com ho visto delle tavole da te disegnate per il biondo avventuriero della Sergio Bonelli Editore, come mai la tua collaborazione con l'editore di via Buonarroti non è continuata?” Hai risposto “[...] Con la Bonelli ho realizzato delle tavole di prova, oltre che per Jonathan Steele anche per Dylan Dog, depositate nell'ormai famigerato "archivio", nella speranza che qualcuno noti la cartellina; speranza vana, la vedo come il finale di Indiana Jones e l'arca perduta”. Questo succedeva nel 2003. Si parlava della tua storia pubblicata nel 2008 “Il pianeta dei morti”oppure possiamo sperare che in quell’archivio ci sia ancora un tuo lavoro che aspetta?
Il famoso archivio di cui parlo è il luogo dove vanno gli esordienti ed aspiranti disegnatori che si propongono, e dove i loro lavori vengono valutati su delle scale di valori dettate in stelline, come per gli alberghi.
Per le tavole che hai visto di Steele, erano tavole di prova che poi non sono passate.
E cosi come altre prove vecchie e immature di DYD: nessun riferimento a future storie.
Anche se mi ripeto, mi piacerebbe ritornare a disegnare Old Boy, soprattutto mi piacerebbe anche su un mio soggetto sviluppato da altri: il futuro è lungo e misterioso e la speranza infinità.
Intanto, non sapendo se mai tornerò su DYD, ne approfitto per ringraziare tutti i fan di DYD che hanno apprezzato la mia interpretazione. GRAZIE.
Gianfelice: Come ci si sente dopo tutte queste esperienze, nonostante la tua giovane età, a rappresentare i disegnatori italiani in America? Speri un giorno di poter tornare e lavorare per case editrici italiane oppure in America si lavora e si vive bene?
Giovane mica tanto, ho 33 anni e vedo sempre più spesso autori molto più giovani e molto più bravi di me.
In compenso mi piace molto quello che ho fatto, è stato un percorso lavorativo molto interessante e in questo momento il fumetto americano mi sta dando parecchie soddisfazioni.
Ma il futuro riserva sempre tante sorprese. Chissà che un giorno non ritorni a lavorare per case editrici italiane!
Intervista a cura di : Jacopo Pelosato e Giorgio Santoro